Una elegante corona marchionale, un cane simbolo di fedeltà che guarda la stella, a imperitura gloria per la partecipazione alla vittoriosa battaglia di Lepanto del 1571 contro l’Impero ottomano, i tre monti dei feudi di montagna, lo spino fiorito, dalle forti e tenaci radici.
A seguito di una approfondata ricerca storica e araldica e di un restauro con la tecnica del reintegro pittorico, è tornato a far bella mostra di sé lo stemma del ‘600, di cui erano rimaste solo poche ed enigmatiche tracce, sulla parete di una abitazione di fine ‘400, nella piazza di Villagrande a Goriano Valli, frazione del comune di Tione degli Abruzzi, in provincia dell’Aquila, edifizio che diventerà in un futuro prossimo fulcro di un museo diffuso ed esperienziale.
La presentazione dell’esito del restauro è stato stato celebrato sabato scorso, alla presenza della cittadinanza, del sindaco di Tione degli Abruzzi, Stefania Mariani, dell’architetto Pasquale Di Gioacchino, che ha coordinato gli studi, condotti da Marco Cascianelli e dai professori Giuseppe Cera e Francesco Belmaggio, esperti araldisti, della restauratrice Romina Claudia Gambaro, e dei proprietari dell’abitazione, i fratelli Fausto, Emanuele e Oscar Di Giulio, promotori e finanziatori del restauro.
La scoperta, di indubbio valore storico, è che lo stemma tripartito risulta essere quello di due potenti famiglie nobiliari, tra loro imparentate, i Sannesio, famiglia patrizia romana, originaria di Belforte del Chienti, nella diocesi di Camerino, e i Malaspina, originariamente marchesi di Toscana, discendenti dai Longobardi, che ospitarono Dante Alighieri durante il suo esilio, della linea dinastica detta dello “Spino fiorito”, distinta quella dello “Spino secco”. Potentissimi marchesi, tanto da esprimere papi e cardinali, e che avevano come loro feudi in Abruzzo anche Collelongo nella Marsica, Picenze, Tione degli Abruzzi e San Demetrio nè vestini nell’Aquilano.
C’è anche un nesso tra i Sannesio insediati a Goriano Valli e la regina Cristina di Svezia, in quanto il vice marchese Angelo Florio era suo medico personale, e fu battezzato dal vice marchese di Goriano Valli, Giovanni Grampa.
Ha commentato dunque l’architetto Di Gioacchino: “per me è un giorno ricco di significato e di soddisfazione: questo affresco, al di là della sua sobria bellezza, ci racconta una storia importante, ovvero quella di un territorio che a cavallo tra il ‘500 e il ‘600 era molto opulento, ed è questa la ragione per cui i potenti marchesi Sannesio-Malaspina, decisero di impossessarsi anche di Goriano Valli, che garantiva evidentemente un importante gettito fiscale. Questa abitazione con ogni probabilità era proprio il luogo dove artigiani, contadini e allevatori dovevano andare a versare i loro tributi”.
Prima di di questa operazione di recupero l’’ipotesi più diffusa era che si trattava dello stemma di Goriano Valli, dato che il palazzo, dal 1829 al 1889, è stato anche sede della municipalità. Ma quel poco che era leggibile, nulla aveva a che fare con il canonico simbolo del paese, ovvero San Giorgio che uccide il drago, con al fianco la principessa.
Dopo mesi di ricerche si è scoperto che i Sannesio Malaspina avevano altri possedimenti in Abruzzo, e soprattutto, grazie agli studi di Giuseppe Cera, autore del libro Araldica del territorio Sirente-Velino, si è scoperto che nel convento di San Giorgio a Goriano Valli, in un affresco francescano, c’era uno proprio uno stemma dei Sannesio-Malaspina, pressoché identico a quello riportato alla luce in piazza Villagrande.
La definiva conferma si è avuta grazie all’opera della restauratrice, che a seguito della pulitura della parete, ha rinvenuto i segni e le tracce cromatiche del disegno originale, decifrate assieme al professor Belmaggio e al ricercatore Cascianelli, si è dunque proceduto alla ricostruzione delle parti mancanti, con la tecnica del reintegro pittorico.
Ha commentato Fausto Di Giulio: “Abbiamo sostenuto con gioia questa iniziativa di recupero di una pagina importante della storia di questo territorio, partendo da pochi indizi e con un lavoro corale di ricerca d’archivio, coinvolgendo storici ed esperti di araldica. Un ringraziamento postumo va anche a Eugenio e Concetta, da generazioni contadini di Goriano, che decisero nel 1950 di aprire in questo palazzo una bottega, basata quasi completamente sul baratto e l’economia circolare, e nel consolidare e ‘modernizzare’ la facciata esterna con del cemento, ebbero la sensibilità e l’accortezza di ‘salvare’ quello che rimaneva dell’enigmatico stemma. Senza questa sensibilità quello stemma sarebbe svanito per sempre“.
E ha aggiunto: “il nostro sguardo non è rivolto al passato, ma al presente al futuro del paese che amiamo. Questo antico edificio, oggi ancora più ricco di significato, diventerà il fulcro di un museo interattivo ed esperienziale e trasformazionale, per attirare turisti, soprattutto dall’estero, per supportare la crescita del Parco Sirente-Velino e la valle dell’Aterno, partendo dal grande patrimonio materiale della civiltà contadina e delle montagne. L’obiettivo quello di riconnettere i visitatori con la natura con i valori autentici dell’esistenza. Del resto, grazie agli aiuti per la ricostruzione post sisma abbiamo messo in sicurezza l’immobile. Cosa impossibile senza questo supporto. Invece di farci un altro comodo mini-appartamento, abbiamo voluto sia salvarne il valore storico che metterlo a beneficio di tutto il paese, in virtù della filosofia del ‘give back’, ridare al territorio una parte di quello che si è ricevuto”
Ha concluso la sindaca Mariani: “esprimo la riconoscenza a nome di tutta la comunità alla famiglia Di Giulio che hanno affrontato a proprie le spese questo intervento. Il paese si arricchisce ora di un nuovo elemento storico di grande valore. Con la ricostruzione post-sismica 2009, del resto, si sono recuperati molti altri elementi architettonici di pregio, nascosti e non più leggibili. A noi il compito di essere custodi della bellezza ritrovata”.