Nell’infinita querelle che vede contrapposta la Santa Croce di Colella da una parte e la Regione Abruzzo e i lavoratori dell’altra, giunge un’altra verità. Il Giudice Francesca Proietti, a scioglimento della riserva assunta a giugno, ha definitivamente archiviato le accuse di reato mosse dall’imprenditore molisano avverso Iris Flacco, la dirigente regionale del servizio attività estrattive e risorse territoriali, accusata di aver abusato del suo ufficio per invadere la proprietà privata di Colella.
Il Giudice ha accolto in pieno la tesi difensiva degli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, che hanno ampiamente dimostrato come la Flacco non ha mai ecceduto dalle proprie competenze, esercitando i poteri di polizia mineraria conferiteli dalla normativa regionale.
I fatti risalgono all’estate del 2016, allorché il dirigente regionale, raccogliendo le segnalazione dei lavoratori, si reca ripetutamente nelle pertinenze dello stabilimento per verificare l’integrità dei sigilli apposti dopo la revoca della concessione. Nei sopralluoghi costatò che c’era stato un considerevole utilizzo di acqua nonostante la decadenza della concessione per il Durc non regolare, evincendo ciò dalla lettura dei contatori avvenuta alla presenza dei carabinieri, dopo che l’azienda si era rifiutata di consegnare i registri di imbottigliamento dovuti per legge. Si tratta proprio dell’acqua illegittimamente imbottigliata (circa 8,5 milioni di bottiglie), che dopo il sequestro e la recente confisca, è stata oggetto di transazione tra la Regione e Colella, che la ha acquistata al prezzo di 120.000 €.
Nel disporre l’archiviazione del reato, così scrive la Proietti nell’ordinanza: «La Flacco Iris è intervenuta sui luoghi della zona di concessione nell’esercizio legittimo funzioni di polizia mineraria mentre la Santa Croce spa ha esercitato la concessione anche quando, nonostante la chiusura coattiva, è stata rilevata la perdurante adduzione; ha sempre avvertito in anticipo l’impresa, chiedendone la collaborazione, ha fatto ingresso presso lo stabilimento col consenso della società».
Dunque, il giudice conclude che «in un siffatto contesto di contorno, caratterizzato dall’aspra conflittualità tra Regione e dirigenza societaria, l’indagata non solo non ha abusato dei suoi poteri, non ravvisandosi violazioni sanzionabili né in termini di competenza né in termini di violazione di legge, ma neppure ha agito con dolo».
Assolto anche il sindacalista Maurizio Bisegna, accusato di violenza privata, sequestro di persona e sabotaggio industriale.
Il Giudice ha escluso che a suo carico debbano proseguire le indagini, in quanto tutte le ipotesi di reato configurate dai legali di Colella – che, anche in questo caso, si sono opposti all’archiviazione disposta dal PM Savelli – sono risultate del tutto infondate.
Il Giudice ha rilevato che dalle investigazioni compiute dai carabinieri di Tagliacozzo, intervenuti sul posto nel trambusto conseguente la crisi del 12 gennaio 2017 proprio su sollecitazione dei dipendenti della società, emerge non già la condotta violenta del Bisegna, il quale non ha impedito a Colella di uscire dallo stabilimento e non ha ostacolato il transito di alcun mezzo, ma unicamente la sua preoccupazione che l’impresa sottraesse i beni oggetto del sequestro amministrativo della Regione.
Il tutto si svolgeva – precisa il Giudice – in un clima esasperato, alimentato da una conflittualità stratificatasi nel tempo, con manifestazioni e scioperi, ma senza alcuna condotta illegale da parte dell’indagato, ed anzi, conclude il GIP, proprio l’insieme degli eventi «contribuiscono a rimarcare l’assenza di dolo del Bisegna, preoccupato, di certo, dell’imminente chiusura dell’impresa e delle ripercussioni negative sul piano economico e sociale di tele avvenimento».
Piena soddisfazione esprimono gli avvocati dei due indagati Salvatore Braghini e Renzo Lancia: «Oggi cade il castello di accuse costruito da Colella contro la Regione e contro i lavoratori; abbiamo sempre creduto nella correttezza dell’operato del dirigente Iris Flacco, che ha assunto decisioni coraggiose ma sempre con equilibrio e scrupolo istituzionale, come pure nell’innocenza del lavoratore Maurizio Bisegna, il quale si è esposto più degli altri per difendere la causa dei dipendenti dell’azienda per il suo ruolo di sindacalista, e per questo lo si voleva ingiustamente punire. Questa di oggi è una bella pagina di giustizia e di verità, che restituisce dignità a due protagonisti di una complicata vicenda».
Fonte Salvatore Braghini e Renzo Lancia