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Strage di cani nel Frusinate: torna l’incubo bocconi avvelenati

Ha rischiato anche il cane antiveleno dei Carabinieri Forestali: salvato dal veterinario del Parco Nazionale d'Abruzzo

Non è vero che nulla sarà come prima del COVID19, perché così, almeno per ora, non è. Almeno per quanto riguarda certe bruttissime abitudini e comportamenti deleteri di alcuni personaggi che proseguono imperterriti a spargere morte tra gli animali, domestici e selvatici. È accaduto nello scorso fine settimana a Settefrati (in provincia di Frosinone), dove è stata registrata la morte di 5 cani e l’avvelenamento di almeno altri 4 cani da guardiania in località “Fondicelle”, ai margini della Zona di Protezione Esterna del PNALM.

L’episodio è stato segnalato venerdì 24 aprile scorso da alcuni residenti che hanno subìto la morte o l’avvelenamento dei propri animali. Prontamente intervenuti sul posto i veterinari della ASL, il personale del Servizio di Sorveglianza del PNALM e i Carabinieri Forestali della Stazione di Atina e di quella di Picinisco.
La mattina di sabato 25 aprile c’è stata l’ispezione da parte del Nucleo Cinofilo Antiveleno (NCA) dei Carabinieri Forestali della Stazione Parco di Villetta Barrea, che perlustrando l’area ha rinvenuto diversi reperti tra cui i resti di una capra, eviscerata e senza marche auricolari, e alcune ossa. Proprio durante queste operazioni si è sfiorata la tragedia perché il pastore belga malinoise Noche, che del NCA è componente essenziale insieme al suo conduttore l’App. Sc. Alessandro Carfagnini, si è intossicato probabilmente fiutando uno dei reperti. Solo grazie all’intervento ed alle cure mediche del veterinario del Parco, il Dr. Leonardo Gentile, è stato possibile evitare conseguenze gravi per il cane antiveleno che, per fortuna, il mattino seguente aveva smaltito la grave sintomatologia.
Tutti i reperti sono stati sottoposti a sequestro da parte dei Carabinieri Forestali della stazione di Atina, che hanno predisposto gli atti per la competente Procura della Repubblica di Cassino.

“Ancora una volta veleno e quindi morte – commenta il Direttore del Parco – seguendo il solito vecchio schema della “guerra” diretta ad animali innocenti che muoiono con atroci sofferenze. Purtroppo gli strumenti per attuare un contrasto efficace di questo fenomeno in fase di prevenzione non sono molti anche a causa della facilità con cui è possibile reperire certe sostanze usate nelle esche. Ancora una volta ci siamo trovati a raccogliere carcasse, stavolta di cani, ma forse del tutto casualmente. L’azione di contrasto proseguirà, anche se il pericolo corso da Noche, che ha solo fiutato un reperto, ci rende ancora più consapevoli di quanto siano potenti alcune sostanze utilizzate nelle esche avvelenate, potenzialmente pericolose anche per le persone”.

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