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Tribunali, l’avvocato Braghini scrive alla Casellati

"Lo stralcio dell'emendamento con cui si chiedeva la proroga dei Tribunali abruzzesi subprovinciali, tra cui Avezzano, rappresenta un duro colpo alla democrazia"

Non si arrestano le polemiche dopo la decisione del presidente del Senato di stralciare dal maxiemendamento del governo “per estraneità di materia” dell’articolo 17 del decreto legge Pubblica amministrazione e Giustizia, relativo alle piante organiche del personale amministrativo dei tribunali soppressi delle circoscrizioni di L’Aquila e Chieti, approvato in commissione all’unanimità.

L’avvocato abruzzese Salvatore Braghini scrive una lettera alla Casellati e parla di “un duro colpo alla democrazia” e sottolinea “Io non ci sto”.

LA NOTA COMPLETA

Lo stralcio dell’emendamento con cui si chiedeva la proroga dei Tribunali abruzzesi subprovinciali, tra cui Avezzano, rappresenta un duro colpo alla democrazia. È evidente, infatti, che ciò sia avvenuto all’esito di una “congiura di palazzo”, in assoluto dispregio della volontà parlamentare, che si era espressa trasversalmente in favore della proroga. La motivazione che sottende lo stralcio, “per estraneità della materia”, è tanto pretestuosa quanto indifendibile, persino offensiva della dignità istituzionale di chi l’ha assunta, se sol si considera che il Decreto Legge in discussione era rubricato “per l’efficienza della giustizia”.

La gravità dell’iniziativa della Presidente del Senato è manifestata, oltre che dell’assoluta pertinenza dell’emendamento rispetto al testo legislativo, anche dalla circostanza che la proposta di proroga era già stata varata in Commissione Bilancio, la quale aveva garantito la copertura economica di ben 720mila euro, a dimostrazione di una volontà unanime e finanziariamente sostenibile voluta da tutti i membri della Commissione, che avevano già respinto la richiesta di stralcio da parte del Governo (con in testa il Ministro della Giustizia).

L’accanimento e l’ingerenza governativa, soprattutto di un Governo di “salute pubblica” è un fatto grave, ma ancor più grave è l’atteggiamento succube della Casellati, che è venuta meno al suo ruolo di arbitro assecondando le richieste NON del Senato, che rappresenta, ma del Governo. Se l’arbitro scende in campo e gioca con una squadra, è finito lo sport, come, in questo caso, è finita la democrazia. Una riflessione amara, che non può tradursi in una resa incondizionata. Credo sia arrivato il momento della “ribellione”. Bisogna far sentire la propria voce a Roma, chiedere le dimissioni della Casellati, ormai non più affidabile come Presidente del Senato. Gli abruzzesi che hanno (ancora) una tessera del partito della Casellati dovrebbero metterla in una busta e spedirla in segno di protesta alla Presidente del Senato, con la scritta “Io non ci sto”.

Altrettanto dovrebbero fare tutti i cittadini di questa regione, spedendo una lettera oppure una mail con la scritta “io non ci sto”. L’Abruzzo è stato umiliato, e con esso un’intera comunità di cittadini, istituzioni e professionisti. È il momento di dire basta. Illustre Presidente del Senato: IO NON CI STO!

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