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“Memorie di una città”, omaggio agli escursionisti

L'artista Gabriele Altobelli, originario di Avezzano, appassionato di montagna e caro amico di Tonino Durante, ha voluto rendere omaggio con una sua opera ai quattro escursionisti travolti da una valanga a Valle Majelama

Il silenzio dopo la scalata, il raggiungimento simbolico della vetta come obiettivo e meta di condivisione, quel momento in cui si gode dei panorami mozzafiato che il nostro territorio offre.

Uno sguardo dall’alto sulla vita, sugli orizzonti, un momento intimo.

L’artista Gabriele Altobelli, originario di Avezzano, appassionato di montagna e amico di Tonino Durante, ha voluto rendere omaggio con una sua opera ai quattro escursionisti travolti da una valanga a Valle Majelama, recuperati dopo quasi un mese di estenuanti ricerche, settimane in cui tutta la comunità è rimasta con il fiato sospeso, cercando di sostenere le famiglie di Tonino, Gian Mauro Frabotta, Valeria Mella e Gianmarco Degni.

L’opera, intitolata “Memorie di una città”, è un granito nero assoluto di dimensione 71x31x65.

“Tra i quattro escursionisti c’era anche un mio carissimo amico Tonino, con lui ho condiviso gli anni della gioventù e dello struscio in piazza – ricorda – Era una persona meravigliosa, gentile ed affabile, sempre pronto alla battuta, un grande lavoratore, un artigiano e un grande professionista, uno dei pochi che aveva ripreso l’attività paterna e io l’ho sempre considerato un artista”.

Altobelli spiega a Info Media News che la tragedia del Monte Velino “mi ha segnato davvero molto e ha riaperto una ferita”: “A dicembre ho perso mio padre – racconta ancora – stavo ancora metabolizzando questo momento quando ho dovuto affrontare anche questo dolore. Gli artisti vivono di tanta intimità e corrispondenza, quella corrispondenza di amorosi sensi che crea contatto nel mondo sensibile”.

“Volevo rendere omaggio con la mia arte a questi quattro ragazzi – spiega – ho cercato qualcosa da realizzare, ma un giorno, mentre stavo lucidando i miei graniti, ho visto ‘Memorie di una città’ e ho capito che era l’opera giusta: si tratta di 4 elementi di granito nero, mi davano l’idea di un distendersi di corpi protesi verso l’alto, ma anche distesi su un dosso, un manto di erba di montagna. Ho pensato a quel momento che arriva dopo una scalata, quando ci si distende in silenzio a godersi il cielo, il traguardo raggiunto, quel momento di chiacchiera, in cui ci si racconta, un momento di condivisione dalla partenza all’arrivo, questo movimento l’ho rivisto nell’opera con i 4 elementi che si ergono in distensione ed ho pensato a loro”.

“Dovevo omaggiare questi ragazzi, non potevo sottrarmi. Per un artista esiste la sofferenza della perdita di vita come un’opera d’arte unica, io ho una figlia, che per me è l’opera migliore mai realizzata – conclude Altobelli – La vita è un’opera d’arte, tutti stiamo soffrendo per questa perdita immensa, noi artisti abbiamo una sensibilità particolare e il dolore è davvero molto forte”.

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