Paese che vai … usanza che trovi, anche a Capodanno. È la notte delle aspettative, l’occasione giusta per svolgere riti scaramantici ed augurare prosperità, fortuna e serenità per l’anno che verrà. Anche in Abruzzo, terra di antiche tradizioni e usanze popolari, ci sono dei rituali che ancora oggi vengono osservati. Per un 2020 ricco di fortuna e speranza ecco i riti portafortuna da compiere nella tanto attesa notte di San Silvestro.
Uno dei riti propiziatori caratteristici della nostra regione è legata al cibo. Come vuole la tradizione si preparano sette minestre con legumi diversi per richiamare la ricchezza. Un’altra tradizione, non solo abruzzese ma italiana in generale, è mangiare le lenticchie. Questo prodotto è considerato il ferro dei poveri, per forma e dimensione richiama l’immagine di un gruzzolo di monetine e per Capodanno si mangia per avere i soldi e l’abbondanza nell’anno venturo.
Stesso discorso vale per i dodici chicchi d’uva che, ricalcando una tradizione spagnola, rappresentano ognuno i mesi dell’anno. Pare che il chicco più dolce corrisponda al mese migliore. Vi è poi il momento del brindisi e rovesciare lo spumante porterà bene ed è importante che, giunti a questo punto, ci si bagni la nuca con le dita per avere la fortuna dalla propria parte.
Miti e leggende si fondono nella tradizione abruzzese. Soprattutto nell’Aquilano, qualche decennio fa, la sera dell’ultimo giorno dell’anno, festose brigate di ragazzi andavano a cantare gli auguri sotto le case chiedendo in cambio dei regali e, se venivano rifiutati, gli auguri si trasformavano in scherzose imprecazioni.
A Sulmona nel pensiero popolare il primo giorno dell’anno è profetico e si pensa che ciò che si faccia o succeda si farà o ripeterà per tutti i giorni dell’anno. Oggi la maggior parte crede che il primo dell’anno si debba trascorrere nel più assoluto riposo, per augurarsi di non lavorare durante l’anno: quasi un capovolgimento di valori avvenuto nel tempo in una società moderna e forse meno laboriosa.
Ormai in disuso è una tradizione di Castel di Sangro, che andava sotto il nome di “Matunata” e ricadeva ogni anno a capodanno. I giovani solevano girare per le vie cittadine, cantando una canzone, chiamata appunto “la matunata” e chiedendo doni e dolci per ogni casa.
A Pacentro, centro peligno i bambini erano soliti ricevere la cosiddetta “bonamance”, una sommetta di denaro data loro dai genitori o nonni, a seguito della recita di una filastrocca o poesia. Anche gli zii facevano a gara a consegnare per primi la buona mancia ai nipoti, perché ai loro figli era raddoppiata dagli altri zii, i cui figli l’avevano già ricevuta.
Oltre alle usanze tipiche abruzzesi vi è poi solitamente l’abitudine di indossare qualcosa di nuovo e regalato come auspicio per fortuna, forza e successo. I più romantici sceglieranno di baciarsi sotto al vischio, pianta benaugurale che dona fecondità sia materiale che spirituale, ritenuta sacra dai popoli antichi, simbolo indiscusso di buona sorte e positività, specie in amore.
E non dimenticate, quello che si fa a capodanno si fa tutto l’anno.