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Domani 16 dicembre convegno su “Interamnia Graecorum”

Affascinante e importante esito di uno studio storico linguistico durato anni

Uno scavo “archeologico” nel dialetto teramano che ha portato alla luce l’origine dal greco antico di un grandissimo numero di parole, dai nomi di animali, piante ed attrezzi uso quotidiano, per arrivare ai toponimi e ai fenomeni naturali. Tanto da poter affermare che nell’antichissima Aprutium, a cavallo dell’età del bronzo e quella del ferro, era stanziale una popolazione che parlava ellanico-anatolico, con più ipotesi per l’identikit di questa presenza, ma con forti  indizi che si concentrano sui Filistei, uno dei popoli del mare. 
L’affascinante e importante esito di uno studio storico linguistico durato anni, è stato illustrato oggi in conferenza stampa nella sala consiliare della Provincia di Teramo, dal regista e documentarista Riccardo Forti, affiancato dal poeta dialettale Gabriele Ruggeri.
I temi trattati nella conferenza stampa saranno approfonditi nel convegno dedicato al tema che si svolgerà domani sabato 16 dicembre a villa Capuani di Torricella Sicura.
Lo studio è stato condotto da Forti con l’autorevole consulenza del professor Lorenzo Braccesi, docente alle Università di Torino, Venezia e Padova, e tra i più importanti esperti di storia greca, e di Widmer Berni, studioso dei popoli del mare e autore di un libro sul tema.
“Nel dialetto teramano, dall’analisi linguistica – ha esordito Forti in conferenza stampa – abbiamo scoperto tantissimi termini riferiti alla persona, piante, animali, manufatti. Oltre al dialetto abbiamo anche diversi toponimi  riferiti a fiumi, montagne e  paesi.  A mio parere è la conferma che nell’antico Aprutium, in età pre-italica, c’era una colonia di genti che parlava l’ellanico-anatolico, lingua indoeuropea che, per oltre un millennio, si è evoluta nella penisola ellenica e sulla costa dell’Asia Minore, fino a raggiungere la struttura del greco ‘letterario’ di Omero”.
A seguire solo qualche esempio delle parole originarie dal greco antico nel dialetto teramano scandite in conferenza stampa dal poeta Ruggeri: “coscene”, cesto per separare il formaggio dall’acqua, dal greco koskinon (crivello, setaccio rustico), “paliata”, dare le botte  da pali (fare a lotta), “ciammariche”, chiocciola da kammaro oikos (gambero con la casa), “pannicete”, sbadigli, da pannichis (senza dormire), “pitarre”, piccolo orcio da pytarion (piccolo orcio), “cialandre”, oggetto per far girare la molla del pedale, da kylinndros (volgere, girare), “hamatte”, gomitolo, da hammatos (legame, corda, nodo), “patacchia”, porzione di cibo per animali, da pateomai (prendere cibo), “visturne”, vento vorticoso, da “tornos” (volgere intorno), “cialandre”, oggetto per far girare la molla del pedale, da kylinndros (volgere, girare), “schifetto”, teglia, da skifos (vaso con piccoli bordi), “pire”, piolo appuntito di legno per perforare, da pereiren (perforare), “mallone”, ciocca di lino da filare, da mallos (fiocco di lino).
Per quanto riguarda i toponimi:  fiume Tordino, nel passato chiamato Batino da bathis (profondo), Senarica, paese teramano costruito su una roccia dal greco antico anarica (che si arrampica), monti della Laga da lagon (gola di montagna, caverna), Monte Prena da prenè (protuberanza di animale incinto e anche cima arrotondata di un monte).
Tiene a sottolineare Forti: ” L’afflusso di tribù ellenizzate sembra anteriore o coincidente al fiorire del nostro dialetto osco, in quanto quest’ultimo ha agito sulle voci greche in modo analogo a  quello operato nei confronti del latino. Il quadro che ne esce è quello di una popolazione stanziale , presente sul territorio da molto tempo. E’ improbabile che un esercito o una migrazione di passaggio abbiano lasciato toponimi, nomi di animali , di piante, di attrezzi rustici e fenomeni naturali. E’ sorprendente che ancora oggi dopo oltre tremila anni si usino correntemente termini  di una lingua così antica la cui  presenza  è seconda solo alla lingua latina. Il prossimo step della ricerca, potrebbe essere dunque uno studio sul dna dei teramani per individuare l’origine genetica dei suoi abitanti, che potrebbe dare ulteriori conferme alle ipotesi qui formulate”.
A seguire dunque le ipotesi su quale possa essere questo popolo.
“La prima ipotesi è quella dei  siracusani delle isole doriche che nel IV sec. a.C. furono cacciati dagli Illiri dai loro insediamenti delle vicine isole croate – prosegue Forti -, oppure potrebbero essere uno degli antichi Popoli del Mare, guerrieri che alla fine dell’età del bronzo misero a ferro e fuoco il Mediterraneo centro-orientale. I Popoli del mare sono stati identificati con i Filistei della Bibbia, gli Achei, gli Etruschi, i Sardi, i Lici, i Danuna e i Siculi”.
Per quanto riguarda  nello specifico i Siculi, spiega Forti:  “La parola ‘siculo’ deriva dal greco antico e significa cane, (skyulos) animale sacro alla loro divinità Adrano. Ebbene, sotto il Gran Sasso teramano, il territorio che va da Castelli fino all’incirca a Nerito, viene chiamato la valle Siciliana. Gli anziani del territorio di Fano Adriano, tramandano che anticamente nelle chiese si adoravano i cani, a Cerqueto c’è una leggenda secondo cui i conti Orsini rinchiusero dentro una chiesa sconsacrata i propri cani da caccia, dopo che il prete era stato messo a morte dalla popolazione del paese.  Sempre a Cerqueto vuole la leggenda, in ogni abitazione veniva seppellito vivo un cucciolo di cane. Questo serviva a custodire la casa dagli spiriti maligni, chiara testimonianza del culto del cane, sacro al dio siculo Adrano”.
Infine arriviamo ai Filistei, che per Forti potrebbe trattarsi dell’ipotesi più probabile, oltre che della più suggestiva e sorprendente.
“Tra i Popoli del Mare i Filistei sono quelli più conosciuti, antagonisti di Israele.  La Palestina  è la terra dove si stanzieranno definitivamente e a cui daranno il nome. Da uno studio genetico fatto su alcuni scheletri, viene fuori che la loro origine proviene dall’Europa centro-meridionale. Ebbene, lo storico Frontino ci testimonia che il territorio di Interamnia Praetutiorum, quello dell’attuale Teramo e aree limitrofe, veniva denominata Palestina Piceni. A Cupra marittima nelle Marche è stato rinvenuto un amuleto con iscrizione filistea, e il reperto è ora custodito presso l’Accademia dei Lincei a Roma. Il nome  più antico dei Filistei , come ci riportano gli Egizi, è il demotico PLST  / PRST , vocalizzato Peleset, Pereset . Nella Genesi si afferma che Petrusim o Patrusim erano stanziati nell’Egitto centro occidentale, e questi insieme ai Caslhyim generarono i Filistei. Ormai è comunemente accettato che l’antico nome di Teramo era Petrut e i Petrusim gli abitanti, probabilmente stesso significato di Interamnia, ‘fra due fiumi. Del resto, secondo un dei più importanti esperti di Filistei, Giovanni Garbini li nome Ascoli deriva da Askalon, città importante della Palestina”.

Inoltre, incalza Forti, “uno dei due fiumi che bagnano Teramo è chiamato Vezzola, ma il suo nome antico era Albula, stesso nome di una contrada di Teramo vicino al Vezzola. Abbiamo notato che i Patrusim dell’Egitto (Mizrhym) sono elencati nella posizione di Albiym. Esiste poi l’idronomo “Fossiones Filistae”, cioè cunicoli-gallerie filistee, che conducevano l’acqua alle fontane. Queste strutture sotterranee sono i ‘kanat’ di origine medio orientale. Ebbene, ad Atri abbiamo diversi kanat che alimentano altrettante fontane della città”.

 Comunicato stampa 

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