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La rabbia degli ultras: “No a esperimenti sociali”

Le tifoserie italiane sbottano: "Stadi italiani come laboratori". Anche la Curva Nord Avezzano tra i firmatari del documento

La rabbia degli ultras: "No a esperimenti sociali"

“Non vogliamo essere vittime di esperimenti sociali”. A gridarlo a gran voce sono diverse tifoserie organizzate del calcio italiano, unite dalla firma di un durissimo comunicato rivolto alle istituzioni: “Gli stadi sono diventati ormai laboratori di controlli sociali”. La dura presa di posizione degli ultras è arrivata dopo i fatti in Curva Primavera, a Torino, e in Curva Sud, a Brescia. In entrambi i casi le tifoserie ospiti sono state posizionate in mezzo a quelle locali.

Nel caso di Torino, è stata la stessa Questura a parlare di “esperimento sociale”, salvo poi tornare sui propri passi e smentire la dichiarazione. I tifosi hanno dunque reagito sottolineando una serie di esperimenti sociologici subiti per studiarne la reazione. Un fenomeno che, a detta degli stessi ultras, sarebbe diffuso già da tempo negli stadi italiani, descritti come veri e propri “laboratori” per il controllo sociale degli individui.

Tra le tifoserie italiane firmatarie del comunicato, c’è anche la Curva Nord Avezzano. Questo il testo integrale:

Nelle scorse settimane in molti avranno letto le notizie riguardanti i fatti avvenuti in curva Primavera a Torino e, più recentemente, in Curva Sud a Brescia.

In entrambi i casi, i tifosi avversari ospiti sono stati piazzati in mezzo alle tifoserie di casa.

Almeno nel primo caso, le autorità convocate in conferenza stampa hanno chiaramente parlato di “esperimento sociale”, salvo poi ritrattare e gridare alla fake news.

Un esperimento sociale è uno strumento di ricerca in ambito psico-sociologico volto a testare la relazione di una persona o di un gruppo di persone, sottoposto a determinate situazioni o eventi, spesso insolite, impreviste e anche estreme.

C’è dunque un esperimento in atto negli stadi italiani?

Cominciamo col dire che questo accade già da tempo: sono anni ormai che si sperimentano sui tifosi e sugli ultras in particolare diverse forme di repressione, dispositivi di privazione della libertà poi successivamente introdotti anche in altri ambiti, dal DASPO senza un processo alla tessera del tifoso per schedare i singoli.

Si utilizzano insomma i tifosi per verificare se una misura restrittiva possa essere allargata anche a manifestazioni che non siano sportive.

Di fatto, gli stati sono diventati lavoratori di controllo sociale, luoghi in cui questi esperimenti sono sempre più frequenti!

In seguito ai già citati fatti di Torino sono stati emessi un centinaio di DASPO: ma cosa ci facevano insomma i sostenitori avversari nello stesso settore dei tifosi della squadra di casa?

Nonostante le frettolose smentite, il sospetto è che si sia pensato di mescolare due tifoserie avversarie per vedere cosa sarebbe successo, magari trattando i tifosi ancora una volta come cavie.

Il sospetto è quindi che si sia voluto raggiungere il fine ultimo di fare piazza pulita del tifo organizzato, dando fuoco alle polveri e poi strillando all’incendio.

Non è certamente normale che, al grido “le famiglie devono tornare allo stadio” – slogan sempreverde per giustificare ogni forma di repressione – chi dovrebbe garantire la sicurezza metta invece a repentaglio l’incolumità delle persone creando le condizioni ideali per generare tafferugli e poi approfitti dell’occasione per eliminare i “cattivi” dalle curve.

Se questa fosse la verità sarebbe un fatto gravissimo, davvero preoccupante!

Rischiare sulla pelle di persone inconsapevoli pur di raggiungere un obiettivo, stabilirebbe un precedente da tenere in considerazione, oltre a scatenare l’effetto esattamente opposto, allontanando per sempre la gente dalle curve. Si arriva a tanto pur di “riprogrammare” dei tifosi in meri fruitori di un servizio di intrattenimento.

È questa la nuova strategia scelta per sradicare decennali esperienze di aggregazione, per cancellare la presenza popolare sugli spalti e far posto a spettatori muti e paganti, statuine in grado di pagare biglietti dai costi sempre più folli, di sottoporsi all’indice di gradimento delle società, sempre accondiscendenti davanti al caro biglietti, alle speculazioni finanziare, agli scandali del grande business del calcio?

Noi temiamo di si, ma non lasceremo mai i nostri gradoni prima di aver fatto luce sulle oscure manovre, la sospensione dei diritti, gli abusi e le mire speculative di chi vuole distruggere il nostro mondo e un’idea di calcio, appassionato, libero e ribelle che inevitabilmente – è bene che tutti lo sappiano – finirà con noi.

DALLE TRIBUNE AI SETTORI POPOLARI…

NO AGLI ESPERIMENTI SOCIALI

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