È morto stamani nella sua abitazione a Sulmona all’età di 84 anni, Luciano Fuà, pochi giorni dopo del fratello Sandro, entrambi provenienti da una famiglia di commercianti sulmonesi che avevano pesantemente subito le conseguenze delle leggi razziali del 1938. Luciano era l’ultimo di sette figli.
Il padre era stato segnalato come appartenente alla “razza ebraica” benché con la moglie si fosse convertito al cristianesimo dopo il matrimonio e tutti i suoi figli fossero stati iniziati alla medesima religione. Nonostante le disposizioni discriminatorie venissero in seguito dichiarate inapplicabili nei confronti dei Fuà, per aver combattuto Guido nella Grande Guerra, la famiglia dal 1939 subì un crescente allontanamento dalla vita pubblica e molteplici atti di violenza e di vessazione.
I figli maggiori furono espulsi dalla scuola, il negozio di tessuti preso di mira da fascisti ed accoliti. Dal 1940 i nominativi dei Fuà erano di nuovo segnalati tra gli appartenenti alla “razza ebraica”: saccheggi e razzie si fecero più numerose con l’occupazione nazista fino alla requisizione totale dei beni.
Dal ’44 poi, iniziati i rastrellamenti degli ebrei per la deportazione nei campi di concentramento, i Fuà subirono la perdita di due zii, di parte materna, catturati a Roma e l’Aquila a deportati ad Aushwitz.
Per non finire nei lager nazisti e per salvare i figli, Guido e Delia Fuà sistemarono Luciano e gli altri in diverse famiglie. Due dei figli, Oscar e Davide, furono persino prelevati per i lavori forzati sul piano delle Cinquemiglia, un altro fratello, Ennio, riuscì a varcare le linee del fronte, raggiungendo Bari liberata.
La famiglia si riunì solo il 9 giugno 1944, alla liberazione di Sulmona. Allora Oscar Fuà, animato da un forte antifascismo e antinazismo, contro il volere dei genitore decise di arruolatosi con la Brigata Maiella. Era tra i mitraglieri guidati da Malvestuto. Cadde nella battaglia di Brisighella, sotto il fuoco incrociato di due mitragliatrici tedesche a soli 17 anni.