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Provincia dell’Aquila: “Occorre un grande Piano per il Lavoro”

I sindacati: "Per superare crisi Covid occorre patto tra soggetti istituzionali e forze sociali"

Occorre un grande piano per il lavoro se vogliamo superare la crisi generata dalla pandemia da covid 19, costruendo un patto tra i soggetti istituzionali e le forze sociali del territorio, che guardi ai reali bisogni delle comunità e che sia in grado di mettere in rete tutti i soggetti che operano a vario titolo sul nostro territorio provinciale”. Così il Segretario Generale della CGIL Provincia dell’Aquila, Francesco Marrelli, e il Direttore del Patronato INCA CGIL Provincia dell’Aquila, Dario Angelucci, sulla necessità di un grande Piano per il lavoro nella provincia dell’Aquila.

“Ascolto, partecipazione e condivisione di scelte strategiche sono le direttrici da seguire, partendo certamente dai piani di investimento di risorse pubbliche e private finalizzate a creare occupazione stabile e di qualità, per giungere ad una efficace programmazione dei servizi pubblici sanitari, scolastici, di trasporto e di connessione materiale e immateriale.

I dati elaborati prendendo a riferimento la relazione del 1° quadrimestre 2021 dell’Inps e le statistiche Istat descrivono un territorio in forte difficoltà economica ed occupazionale, con la continua crescita dell’esclusione e del disagio. Le difficoltà riscontrate interessano prevalentemente giovani e donne.
Infatti, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2020 sale in provincia dell’Aquila al 28% contro il 21,5% del 2019; quello femminile raggiunge il 36,2% nel 2020, lo stesso dato nell’anno 2019 si attestava al 28,6%.

L’elemento che ci consegna un quadro a tinte fosche è quello relativo all’utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Le ore di Cassa Integrazione in provincia dell’Aquila, nel periodo gennaio-aprile 2021, sono pari a 1.784.019 per l’Ordinaria e 1.254.710 per quella in Deroga causa COVID. Quest’ultimo dato evidenzia il livello di difficoltà che hanno dovuto affrontare tutti quei datori di lavoro che non sono nel campo di applicazione della Cassa Ordinaria e Straordinaria e come la pandemia abbia minato alle basi il sistema produttivo diffuso, visto che nello stesso periodo (gennaio-aprile) dell’anno precedente le ore di Cassa in Deroga erano pari 24.788.

A tale difficile situazione si aggiungano i tanti soggetti che non hanno avuto la possibilità di accesso a strumenti di sostegno al reddito e che ancora oggi fanno fatica a riprendere una attività ordinaria che garantisca loro un reddito dignitoso.

La maggiore incidenza del numero dei pensionati in Provincia dell’Aquila, sulla base della popolazione residente in Abruzzo, denota una certa fragilità nell’economia delle famiglie perché la prospettiva di futuro risulta essere tutta di contenimento. Serve piena e buona occupazione da raggiungere anche attraverso l’intervento pubblico in settori fondamentali come la scuola, la sanità, i trasporti e la ricerca di un utilizzo democratico delle nuove tecnologie.
I dati sul Reddito di Cittadinanza/Pensione di Cittadinanza e sul Reddito di Emergenza d’altro canto evidenziano l’utilità delle misure messe in campo dal Governo, ma nello stesso tempo confermano l’allargamento dell’area di disagio in Provincia dell’Aquila.

Parliamo di circa 20000 persone che hanno salari molto bassi oppure non hanno più il lavoro perché hanno subito un licenziamento o la cessazione di un contratto a tempo determinato oppure sono inoccupati da lungo periodo.

In molti casi c’è stato un pesante arretramento della condizione materiale dovuto al fatto che si fa molta fatica a rioccuparsi e che senza sostegno al reddito si rischia di trovarsi in una fase di difficile soluzione a breve termine.

Le aree interne dell’Abruzzo, nella vicenda della pandemia, hanno sofferto il peso dell’isolamento e le difficoltà indotte dallo spopolamento. In questi mesi abbiamo incontrato anziani che hanno fatto fatica ad accedere ai servizi pubblici e bambini esclusi dalla didattica a distanza per mancanza di connessione o del computer nelle proprie abitazioni.

La disuguaglianza, generata dall’inaccessibilità al lavoro, quindi ad un salario dignitoso, ai servizi essenziali, quali sanità, istruzione e trasporto e la marginalità sociale che si vive in alcuni zone non può essere letta solamente all’interno di un quadro statistico, che parla di numeri e non riconosce le specificità dei territori e le loro vocazioni. Le soluzioni non possono venire da chi esalta il valore del profitto come elemento centrale dell’azione politica, ma le forze sociali e gli amministratori delle comunità locali possono fare molto per invertire la rotta anche sul piano culturale e sulla visione del futuro.

In questo senso occorre costruire un fronte ampio di critica radicale della subalternità all’interesse economico particolare di alcune componenti della rappresentanza politica”.

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