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Accademia della Crusca: “No a schwa”

Niente articolo anche davanti al nome, bocciata la forma "la Schlein" o "la Meloni"

Stop alla schwa – la ‘e’ capovolta quando si parla di chi non si riconosce nell’identità binaria – ed asterischi, niente articolo davanti al nome (“la Meloni”, “la Schlein”), e no anche alle reduplicazioni retoriche (“i cittadini e le cittadine”, “le figlie e i figli”).

Queste alcune delle indicazioni per la scrittura degli atti giudiziari – rispettosi della parità di genere – provenienti dai linguisti dell’Accademia della Crusca e sollecitate da una richiesta del Comitato parti opportunità del Consiglio direttivo della Cassazione.

Via libera invece – come anticipato da Corriere della Sera – al femminile quando si riferisce ai nomi delle professioni, quindi nulla osta a magistrata, avvocata, difensora, pubblica ministero, cancelliera, brigadiera, procuratrice, questora.

Da escludere assolutamente, nella compilazione degli atti giudiziari, “l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato”, come “l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico (car* amic*, tutt*)”.

“La lingua giuridica – afferma la Crusca – non è sede adatta per sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto. In una lingua come l’italiano, che ha due generi grammaticali, il maschile e il femminile, lo strumento migliore per cui si sentano rappresentati tutti i generi e gli orientamenti continua a essere il maschile plurale non marcato, purché si abbia la consapevolezza – sottolinea l’Accademia – di quello che effettivamente è un modo di includere e non di prevaricare”.

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