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Pasqua, Coldiretti Abruzzo: mangiate agnello abruzzese

Rispettare la tradizione per salvare mille pastori provati dal Covid

Rispettare le tradizioni della Pasqua e portare in tavola carne d’agnello non è solo un benaugurante per il ritorno alla normalità ma aiuta anche la sopravvivenza dei mille pastori abruzzesi duramente colpiti dalla crisi provocata dall’emergenza coronavirus. E’ quanto afferma la Coldiretti Abruzzo alla vigilia della festa della Resurrezione invitando a comprare e consumare l’agnello degli allevamenti abruzzesi per sostenere il valore sociale, economico, storico e ambientale di un mestiere a rischio di estinzione.

“La carne di agnello – evidenzia la Coldiretti Abruzzo – è una presenza antica della tradizione gastronomica regionale e italiana. Tra le ricette più gettonate a base di carne di agnello in cucina per l’occasione ci sono dagli arrosticini alle costolette panate, dalla più tradizionale teglia al forno con patate alla cacciatora, alle polpettine pasquali o all’agnello cotto nel brodo ma anche gli gnocchi al sugo di castrato o al ragù di agnello. Sostenere con i propri acquisti la produzione Made in Italy significa – afferma la Coldiretti – aiutare il proprio territorio e contrastare anche l’abbandono delle aree più difficili dove i pastori svolgono un ruolo insostituibile di presidio. Un sostegno fondamentale per soprattutto per una regione terremotata come l’Abruzzo in cui è importante aiutare per la ripresa economica ed occupazionale a quasi sei anni dal sisma che ha colpito quei territori. “In una situazione in cui la maggioranza dell’offerta viene dall’estero e soprattutto da Romania e Grecia che non assicurano gli stessi standard qualitativi, per portare in tavola qualità al giusto prezzo il consiglio della Coldiretti è dunque quello di preferire carne di agnello a denominazione di origine, quella garantita da marchi di provenienza territoriale, o di rivolgersi direttamente ai pastori, quando è possibile. La pastorizia – continua Coldiretti – è un mestiere ricco di tradizione molto duro che garantisce la salvaguardia di tradizioni millenarie come la transumanza proclamata patrimonio culturale immateriale dell’umanità l’11 dicembre 2019 ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. Quando un allevamento chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate spesso da intere generazioni a combattere lo spopolamento e il degrado”.

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